ho aspettato i cinquantuno per rendermi
conto di non sapere come essere felice
felicità io l’ho confusa a volta con la gioia
a volte con l’allegria a volte con il corpo
tuo caldo aderente a mio nel punto
in cui la notte non ha unità di misura
a volte con le braccia dolci che ti sono uscite
dalla pancia a volte con l’urgenza cieca
di comunicare a volte con la fame di conosce
nza a volte con l’essere in un certo posto
in un certo momento esserci lì con tutto
il corpo – vivo – finché le date non sono scadute;
ai cinquantuno mi sono accorto che non sapevo
essere felice – che avevo mescolato quella
cosa – la felicità – con elementi torbidi e furbi
con l’insoddisfazione con l’appetito insaziabile
mi sono sbalordito così di avere allestito tutto
per essere felice come a una festa di cui ero
il festeggiato e il primo invitato e la bossavo
mentre la casa era illuminata nella notte
con la musica da dentro le voci io la bossavo
uscivo fuori nel buio e mi vedevo da lontano
alla finestra con il bicchiere in mano che mi
cercavo fuori nel freddo e non mi trovavo