l’invasione (incipit e inizio primo canto) [prima stesura]

uomo potente con il coso in mano
che lo tieni così come cosa morta
ho sempre ammirato la tua determina
zione il capire di una cosa il senso

il verso e seguire il verso per la parte
più efficace capire come andare più a fondo
e rimanere: sapessi adesso come mi fai pena
in fondo me lo aspettavo di vederti finire

così: adesso che sei vecchio che non vali
che non puoi cambiare che puoi solo tenere
quello che hai preso e nasconderlo prima

della tua fine la tua ultima cosa adesso dico
posso solo pensare che le cose che hai detto
le cose che hai incontrato non ti abbiano cambia
to che tu sei solo un essere umano e non una cosa
molla e inconsistente che mi sta sul mento e non si
muove: posso pensare che tu sia come me e come gei ar
come giorgia come il cannoniere dell’italia: una perso
na che pensa quello che pensano tutti e che sa cosa
è il dolore: invece in quella posa sul letto con
la schiena piegata il tuo osso in mano sento tutta

la sofferenza del mondo che dice: non mi venire addosso

e non so come dirtelo che vorrei che tutto andasse male
il tuo natale la nostra epifania la scienza in cui mi hai
svezzato, i coriandoli con cui hai riempito la mia bocca
nei giorni dei miei primi compleanni il succo con cui hai
coperto i miei capelli per proteggermi la cute dalle radia
zioni degli alieni: di cui tu eri uno dei signori e ora
sudi sotto la tua faccia di plastica i tuoi capelli rifurbi

non so come dirtelo che vorrei che questa cosa andasse a male
la tua ricchezza e la mia parodia della tua – dico – anche
la parte di tenerezza e di malinconia che mi dà il tuo ripieno

non so se hai presente il film in cui si cancella il suo passato
dico il protagonista così io stacco quello impiantato da te
e dai tuoi lavoratori della conoscenza, i tuoi telequiz le
tue bombe amiche alla stazione le tue ferite aperte in piena
liposuzione: non avete avuto vergogna a darmi un’infanzia con
mork & mindi e a nascondere dietro alla rima dell’amare quella
civile del gambizzare: sono nato nel consumo nel dopoguerra
nelle fettine al burro nella pietanza nella lavatrice a rate:

mi ha salvato l’eco di una narrazione millenaria in cui io sono
me e tu sei te così staccato da me che vivi in un pianeta in cui
il tuo coso non sarebbe mai diventato mollo e tu avresti goduto
con quello dei tuoi figli: un mondo di gente un po’ schifosa
che prende in bocca i topi tutti interi perché sono ricchi di vita
mine e tegumenti: e gli si stacca la pelle quando la graffi
con la rabbia: così ti accorgi che sono diversi e che è in corso

un’invasione