studio per annarella

lasciami stare, lasciami qui amore
non dire lasciami non dire qui
non dire amore non dire parola

lasciami una parola amore lasciami
una parola che non sia per me per
la mia parola che è tutto amore quello

è tutto quello che lasciami amore
è la mia vita amore che non sia
che tutto quello che ho amore lascia

mi stare che è finita amore una
parola d’amore non dire non lascia
mi non d’amore non una vita non

non tutto quello che sia d’amore
non ho una parola non ho un’amo
re non ho una vita non ho tutto

lasciami dire amore una parola che
è tutto quello che è finita la parola
amore lasciami stare, dire, qui, così

per me per la mia parola per la
mia vita per la mia finita che non è
d’amore non è una parola per me

per me amore non è finita la parola
è finita la vita che sia d’amore così

amore ecco la fiaba

intro e dedica

amore se ho seminato tempesta
ho raccolto piccole cose che non
so come chiamare amore a volte
amore a volte a colpire più forte

non si fa male, ma si lascia il se
gno sulla carne, amore mi porto
i segni tumefatti come i miei tatu
aggi più graditi e più profondi

amore ecco la fiaba

ecco, amore, la fiaba sociale in cui
la colpa del nostro amore è essere
siamo stati raccontati in questa fiaba
amore ci hanno raccontato un sacco

(amore se per essere felici bastasse
essere alla pari degli altri saremmo
fregati perché gli altri sono felici se
ci sono superiori, amore se basta)

siamo nati in questa fiaba sociale
amore in cui io sono il principe e tu
sei la regina che tira il lembo di
carta e lo strappo non se lo aspetta

questa cosa che la tua mano gentile
prendesse e tirasse la carta rosata
ne venisse una lacerazione della
fiaba che adesso è sfondata, amore

nella storia non era compreso il fatto
di strappare dei pezzi di fabula amo
amore questo strappo non era rosato
era uno storytelling preconfezionato

amore la favola piombata in cui siamo
stati catapultati era una cosa comoda
per tutti per noi per primi era una cosa
abile e vergognosa, ingegnosa comodo=

sa: questa storia era un sacco di stronzi
che non se lo aspettavano di stare
tanto bene e tanto a lungo amore
questa nostra storia d’amore è una

amore questo nostro racconto d’amore
è un racconto sociale che ci hanno detto
di tenere a braccia conserte per questo
abbiamo quei lividi di cui al verso sette

questo nostro racconto sociale è la nostra
prova di forza e di debolezza amore
la notte passata a vedere la fiction reale
il giorno a vivere quella che ci fa star male

di giorno quella che ci fa stare male dico
quella normale in cui il nostro nemico
sei tu o sono io e ci mordiamo rabbiosi
i gomiti con le bocche i denti con i gino

[cchi

oggi amore mi sento di morire

oggi amore mi sento di morire
così come sono adesso morire
seduto in piedi in ufficio prima
di uscire di respirare oggi qua

mi sento di morire amore qua
con le mani mi ero appeso all
ero a strapiombo attaccato al
all’interruttore e quello che fa

l’interruttore di colpo scattò e
ho perso la presa amore e mi
sono sentito di morire come
una cosa mollata e abbandona

(questa cosa di morire mi è già
capitata e sono morto congelato
quello che voi conoscevate non
abita più qua disse l’angelo alle

quando scattò l’interruttore si fe
ce buio di quelli primordiali e io ho
pensato amore non mi sento bene
dentro alle tue carni così morta

amore mi sento di morire e vorrei
dileguarmi perché ogni cosa che
tocco ne nasce un ragno che resta
lì immobile a ronzare e ora la casa

ho la casa amore che è piena di ragni
che ho generato e che mi ravanano
nel collo e mi succhiano via la conten
tezza e la nostalgia, amore mi sento

rekiem I canto del purgatorio

io non ho niente contro l’orrore
niente contro le ferite che mi fa
ccio da solo agli occhi niente co
ntro il dolore che butto intorno com
e l’aspensorio del prete non ho niente
con cui difendermi da questa terra
di mezzo in cui sono caduto da un pro
fondissimo foro del cielo sono precipi
tato dal più gelido degli inferni fino
a questo purgatorio di aria fritta amo
amore urlavo con le dita verso il cielo
ho sbattuto per terra senza nessun dolore
mi avevano raschiato via dall’utero di mia
madre ero caduto sulla terra come un santo
ero caduto con la faccia da scemo con i
capelli grassi ero sbattuto come un cretino
avevo mandato degli urli avevo pisciato avevo
allungato le mani verso la merda l’avevo
infilata per il foro di entrata avevo
cercato con le braccia avevo trovato avevo
succhiato fin da piccolo avevo il vizio ave
vo crollato il capo chiusi gli occhi avevo
ferito l’inguine puzzavo di sangue malfermo
l’inferno era troppa sostanza, lasciavo cadere
il discorso avevo chiuso gli occhietti ero
morto ogni notte tenendo una mano tra i co
glioni e una a protezione del volto non è
servito sono arrivati a colpirmi da solo per
anticipare i colpi degli altri amore mio
urlavo da per terra nel fango allungavo le
mani trovavo qualcosa, sentivo un dolore ri
traevo le mani e le succhiavo, sempre avuto
il vizio e poi le allungavo ancora e trova
vo qualcosa che mi teneva e poi il segno ape
rto del morso e mi ritraevo a succhiare così
via era il primo canto della seconda parte dal
cielo cascavano intanto altri pezzi di carne
sugosi cretini che sbattevano per terra usavano
i denti masticavano subito la carne la merda
dal foro di ingresso, buttavano le braccia
a sentire dolore, mandavano delle gran urla
c’era anche il suono del vento e rami che
sbattevano i rami asse contro asse
ecco il purgatorio mi dicevo con le unghie
sforzavo l’incavo degli occhi mi tagliavo
l’iride per non vedere lo schifo di una
vita normale tranquilla grossa industriale
sentivo da dentro il senso del succo venire
all’infuori o dio mio dicevo perché mi hai
sacconato, mi giravo c’era una cosa senza
non c’era niente in generale c’era una cosa
una forma animale che mi stava vicino era
immobile che respirava era una creatura
del male che stava sulla mia ascella a
propagare mi mordeva la pelle non mi lasciava
andare era una morte normale erano i tagli
nei polmoni che non si lasciavano gonfiare
era lo sputacchiare del sangue era il mio
cazzo che non si lasciava ingrossare e che
mandava un filo di bava con estremo dolore
amore dicevo al cielo ai fori del cielo
da cui ora cascavano mobili in truciolato
in offerta speciale e nuvole d’alluminio
e contorni di esseri spugnosi e ingordi
amore dozzinale amore dicevo e cercavo la
via di fuga una torre un foro una rientranza
in cui andare a crepare e intanto quell’es
sere del male mi succhiava ogni pensiero
stava lì a generare altre parti di me tu
morali che gorgogliavano e mandavano le
loro urla bestiali di protuberanze nervose
fatte non foste a provar altro che dolore
pensavo mordendone una sentivo una fitta
infinita una fitta infinita, infinita che
partiva da quando non c’ero mai stato e
che non mi avrebbe mai mollato era una
cosa primordiale possiamo forse altrove
forse altrove possiamo pensare a una dolce
a una forma sacrale del cuore forse altrove
possiamo pensare alla vita come una voce
speciale, ma non in questa escrescenza
tumorale, amore ti stavo a succhiare amo
era il primo canto del secondo natale
di quando mi avevano coitato fuori dal
foro squarciato dal cielo da cui cadevano
ora acque nauseabonde e piene di piccoli
esserini impazziti, ecco come stavano le c
ose in un febbraio del duemilaundici ecco
che mi si attaccano agli occhi feriti agli
squarci inguinali ecco che succhiano anche
loro la loro parte di gusto della vita
e poi vedo che seccano e si sbriciolano
ancora bianchi ancora attaccati alla mia
cazzo di pelle che si sta sfibrando nel
mezzo, amore, non c’è niente di male a
stare così nel niente non ho niente amore
contro l’orrore di questo posto amore
lo trovo un posto in cui si possono fare
delle gran cose e poi crepare giù da un
foro eterno, volgare, embrionale.